de andrè e compagnia

abbastanza giovane e imbevuta di messaggi subliminali di abili pubblicitari da possedere e perdipiu’ saper maneggiare un i pod.

abbstanza vecchia da scrollare la testa quando sono circondata da ronzii strozzati, che straripano dagli auricolari dei miei vicini di metro, la mattina.

abbastanza presuntuosa da disperarmi perche’ l’urban rap emesso dal cellulare del ragazzino con la testa che cola gommina simmons interferisce con il sontuoso silenzio di del fragore del  sole che si affaccia su nostro mare.

abbastanza demode’ da immaginare che la gommina simmons sia ancora in vendita.

cosi’, rimbalzo da un giorno all’altro, in questo mondo cosi’ nostro, e cosi’ nuovo, mio e sconosciuto.

ho caricato la pila, ho collegato le cuffiette.

il suono della musica che mi porto in una scatolina costosa allontana il brusio disordinato del quotidiano.

mentre leggo cartelli con informazioni catalane, moniti in spagnolo, qualche luogo comune in inglese, si snocciolano le note, conosciute, noiose, segrete per gli altri.

suona, dentro la mia testa, la banale playlist di prodotti della canzone d’autore italiana. la musica mi culla, conosco e riconosco le parole.

mi emoziono, mentre anticipo le strofe, immagini e suoni, la poesia e la rabbia.

nel cortile della scuola, durante l’ ora di intervallo, anche i bambini catalani giocano a pallone, gridano. anche per jordi, pau e mantserrat c’e’ musica, un suono da imparare, ripetere, rivivere.

ma io, il senso di queste mie canzoni, non lo posso spiegare a voi. io non posso imparare l’emozione nascosta dentro le vostre.

ma mi allontano, alzo il volume, riempio la mia testa e la strada, e il mare di fronte.

il ritmo delle mie strofe noiose, l’intensita’ di immagini e parole, le ho portate dentro questa scatolina bianca, le vivo dentro la mia fantasia.

le canto a voce alta, in strada, sul lungomare di barcellona.